venerdì 30 dicembre 2016

(No) jobs act

Al supermercato non vedo più le vecchie facce dei commessi che sono lì da quarant’anni, come noi purtroppo.

Mi spiegano i nuovi commessi, tutti ragazzini, che i vecchi dipendenti sono stati licenziati prima di Natale: prendevano 1200 euro mensili e i nuovi prendono solo 900.

Lo dicono con gli occhi bassi, questi ragazzi, come fosse colpa loro. 

Anche io abbasso gli occhi, perché sono pieni di lacrime e vergogna.

Immagino queste persone tornare a casa, a Natale, a raccontare ai figli di aver perso il lavoro.

Nel frattempo i conoscenti del PD festeggiano gli errori della Raggi.

Come potrà finire?



(...male. Per capire quanto, basti sapere che non posso dirvi da chi ricevo questa testimonianza. Gli farei passare dei guai. Ovviamente, in questo regime. Quando poi sarà finita male, se il regime cambierà - ed è un grande se - forse ritroveremo i nostri diritti costituzionalmente garantiti, i quali, come credo vi sia chiaro, non vengono assicurati dai corpi dello Stato, ma dai rapporti di forza fra le classi sociali: mi riferisco al diritto a un'esistenza libera e dignitosa, e a tutto il resto...)



mercoledì 28 dicembre 2016

L'è finito

Assai caro mi fu quest’euro folle,
e quel trattato,
che da tanta parte dell’ultima speranza il volgo esclude.
Ma sedendo e mirando,
interminati abissi a causa di quello,
e sovrumane tragedie, e profondissima crisi,
io nel pensier mi struggo;
ove per poco il cor non si spaura.
E oggi che il vento odo stormir su questi pianti,
rimembro ancor quello infinito dramma e le sue gesta;
e mi sovvien l’angoscia, le morti inutili,
la propaganda vile, le menzogne e i guai.
Così da quella immensità s’affranca il pensier mio
e il naufragar m’è dolce in questo mare.

(...parodia a cura del Buon Peppe...)

(...sto lavorando come un ciuco per smascherare le menzogne dei mainstreamers nei loro giornalucoli. Mi divertirei molto di più a star con voi che a confrontarmi con quell'abisso di miseria intellettuale ed umana. Che squallido spettacolo danno di sé, ora che il giocattolo si sta rompendo. Ma avevamo previsto anche questo. Io dimentico: il mio hard disk no. Godetevi questo gioiello...)

martedì 27 dicembre 2016

Blog sospeso per eccesso di QED



E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.



(...tutto sta andando come previsto: ci troviamo di fronte alla scelta fra "ricapitalizzare le banche in euro, sottomettendoci alla troika, o in lire, recuperando sovranità monetaria", in un contesto in cui chi dovrebbe essere nostro alleato, perché in realtà ha più da perdere di noi, di fatto sostiene il nostro nemico. Del nostro governo nemmeno parlo, perché "nostro governo" in Italia è un ossimoro almeno a far data dal divorzio fra Tesoro e Banca d'Italia nel 1981 - ma forse dalla discesa di Carlo VIII, e forse anche da prima, non so... Io sto lavorando per portare il dibattito e la consapevolezza a un altro livello e in altri luoghi. Consentitemi, per motivi puramente sentimentali, il vezzo di aiutare la sinistra a diventare più di sinistra. Sappiate però che io so, come sapete voi, che questo è un vicolo cieco, per i motivi che vedevo arrivare nel 2011 e che nel frattempo si sono palesati, costringendo tutti noi a regolarci di conseguenza, come chiede Giorgio Gattei, trovandomi assolutamente d'accordo: il problema è colpire l'Unione Europea, e il fine giustifica i mezzi. Tornando alla mesta cronaca, il salvataggio non ci ha salvato, e la Bce, cioè Berlino, alza la posta, per il semplice motivo che ci vuole mandare la troika, allo scopo di spremere - via imposte patrimoniali, così deliziosamente bipartisan - le risorse con le quali pagare il costo dello smantellamento dell'euro, ormai inevitabile e da negoziare con Trump. Gli Stati Uniti ormai non nascondono il loro scontento per l'attuale stato delle cose, e in particolare per il fatto che l'euro è una manipolazione monetaria su ampia scala, principalmente indotta dalla simpatica abitudine dei nostri amici tedeschi di fare i porci comodi loro fino a quando il resto del mondo non si coalizza per rimetterli al loro fottuto posto - qui, a pagina 16 - cosa che a me personalmente dispiace perché penso sempre a Goethe e a Bach, e preferirei, a differenza delle élite e del popolo tedesco una composizione pacifica degli inevitabili conflitti - qui, ex multis, altri che li avevano visti venire. Alla guerriglia coi piddini, che noi definiamo al di là dell'appartenenza politica come quei poveri idioti che "sanno di sapere", e alla cronaca dei gazzettieri, nemici della verità e quindi della pace e della democrazia, pensateci voi. Quello che c'è da fare l'ho scritto nel Tramonto dell'euro quattro anni fa. Ora vorrei evitare che, come al solito, a livello di "letteratura scientifica" si approprino dei miei risultati quattro cialtroni opportunisti, come è già successo con la storia dell'Odessa consensus - il progetto di hall of shame è solo accantonato, non abbandonato... Quindi, perdonatemi, ma siccome non sono uno e bino, se scrivo un paper non posso tornare sul blog, dove comunque non saprei cosa fare se non dire che l'avevo detto, il che, alla lunga, diventa stucchevole anche per me...)

(...questo non è un testo: è un ipertesto. Quelle porzioncine di testo in colore diverso si chiamano link, e dovete cliccarci sopra e leggere - o rileggere - e ascoltare - o riascoltare - tutto quello che trovate, anche se credete di conoscerlo, anche se credete di averlo capito. E questo perché, cari amici, siccome vi so frustrati dall'ennesima serie di litigi coi parenti piddini cui la lieta festività del Natale vi avrà costretto, mi corre l'obbligo di farvi notare che se non riuscite a farvi capire è perché non avete capito un cazzo voi per primi - detto con affetto, s'intende -, se non avete capito è perché non avete studiato abbastanza, e la prima cosa che dovreste studiare e capire è questa. Lasciate che il lavoro sporco lo faccia la SStoria. Io torno al mio lavoro accademico...) 

giovedì 22 dicembre 2016

Il semaforino (ASN chi legge)

(...la prima puntata è qui...)


Bene: il semaforino è verde, quindi la domanda viene considerata ammissibile. Questo significa, in definitiva, o che io so contare fino a 20, o che al MIUR sanno contare fino a 22.


E adesso avanti verso nuove avventure...


(...nota: vi avevo promesso di superare tutte e tre le soglie, e supero tutte e tre le soglie. Ma questo è solo l'inizio di un lungo e incerto percorso...)

martedì 20 dicembre 2016

QED72: il salvataggio (di MPS) che non ci salverà

Vi ricordate di quanto ci dicevamo un anno fa? Qui c'è una buona sintesi:


Ora che gli italiani hanno dato prova di essere meno stupidi di quanto certe aziende e certi organi di vigilanza pensavano che fossero, e pare quindi stiano evitando di immolarsi sull'altare della conversione "spintanea" delle loro obbligazioni in azioni, naturalmente interviene lo Stato.

Il fatto che lo Stato intervenga ci dice una cosa ovvia: che può intervenire, e che quindi sarebbe potuto intervenire prima, evitando le massicce perdite del comparto bancario che avevamo in qualche modo delineato qui.

Resta poi una facile previsione: questo salvataggio non ci salverà.

Intanto, esso viene proposto e gestito all'interno della logica imposta dall'abbandono della sovranità monetaria: la logica della guerra fra poveri. Ci diranno che il contribuente ha salvato il risparmiatore. Già, proprio quello stesso contribuente al quale si chiede, anzi, si impone, di salvare uno stato che non ne ha bisogno, per il semplice motivo che è sufficientemente "austero", quello stesso contribuente che si vuole immolare sull'altare di un obiettivo la cui inutilità è chiaramente disvelata dal moralismo di cui si ammanta, diventa improvvisamente specie protetta, soggetto da tutelare, nel momento in cui si delinea il collasso (in questo caso vero) della finanza privata. Voi direte: bè, meno male! Invece no, non esattamente. Porre il problema in termini di antagonismo fra contribuente e risparmiatore, due soggetti che, fra l'altro, largamente coincidono, serve solo a fomentare un conflitto insensato per nascondere quello che fino a pochi anni fa era ovvio: il prestatore di ultima istanza del sistema bancario dovrebbe essere la banca centrale, la sua banca centrale, sua di lui, sua di quel sistema bancario. Siamo al sovvertimento totale della logica economica, così macroscopico da passare inosservato, quello che Claudio Borghi descrive così: siamo passati da un sistema in cui la Banca centrale garantiva il risparmio salvando le banche, a un sistema nel quale i cittadini salvano le banche coi loro risparmi, che sono sempre di meno perché la Banca centrale crea deflazione!

La guerra fasulla fra contribuente e risparmiatore è inutile, e la fomenta chi vuole farci dimenticare questa semplice verità.

Se, come diceva un anno fa Barbagallo nell'audizione della quale il post linkato sopra riporta ampi stralci, dal 1936 in Italia non succedeva un disastro simile, è perché la Banca d'Italia, finché è stata la Banca d'Italia, fra mille inavvedutezze che la stanno rendendo un'istituzione poco credibile manteneva però la possibilità di emettere moneta per salvare gli istituti di credito. Nessun risparmiatore ha mai perso una lira, e nessun contribuente ha mai dovuto salvare nessun risparmiatore, finché la Banca centrale ha potuto svolgere questa sua funzione essenziale.

Ma ora non può.

Intervenendo tempestivamente, cosa che si può fare se si opera a livello nazionale, non se si dipende dalla sovrastruttura corrotta e inefficiente chiamata impropriamente Europa (in realtà, Unione Europea), si spende molto meno. Un anno fa sarebbero bastati tre miliardi (che erano stati stanziati, e che la Commissaria Vestager ci impedì di spendere per mantenere in piedi la finzione del "mercato" moralizzatore e disciplinatore, fustigatore del moral hazard...), un anno fa sarebbero bastati tre miliardi (che c'erano) per evitare il disastro delle quattro banche. Ora venti miliardi, da trovare nel bilanco pubblico (perché Bankitalia non è più liquida nella sua moneta), saranno appena sufficienti per dare un calcio al barattolo (come dicono gli anglofili), cioè per tirare a campare un altro po'.

Ma il problema non è risolto, il salvataggio non ci salverà, per un problema di struttura, che fra quattro anni tutti riconosceranno (perché tanti ce ne sono voluti a Giavazzi per riconoscere che il debito pubblico non c'entrava, e altrettanti glie ne occorreranno per riconoscere che invece l'euro c'entra).

Le regole europee, quando non sono destabilizzanti (come quel bail-in del quale qui parlammo fra i primi, e che ora, prima delle elezioni che la Merkel rischia di perdere e la Le Pen rischia di vincere, nessuno vuole applicare - dopo averlo sperimentato su un pensionato di Civitavecchia trattato con meno umanità di una cavia in laboratorio, della quale, per lo meno, non si insulta la memoria accusandola di non aver avuto il patentino per la sperimentazione!), queste regole sono comunque soffocanti. Il problema delle sofferenze non si risolve espropriando denaro, e non si risolverebbe nemmeno "stampando" (come dicono i cialtroni) denaro ad hoc. Si risolve solo con la crescita, e non ci può essere crescita all'interno di un sistema caratterizzato da rigidità nominale, dove qualsiasi shock esterno deve essere curato con l'austerità, cioè con il taglio della domanda, come ho detto in Commissione Finanze (a proposito: anche quell'audizione meriterebbe un QED, perché in effetti il governo non è riuscito a combinare nulla durante il suo semestre di presidenza europea, come andai a dire agli onorevoli).

Siamo nella spirale descritta da questo bel disegnino:




e per uscirne c'è solo una cosa da fare.

Quale sia lo sanno tutti, inclusi i traditori e ovviamente esclusi gli imbecilli.

Nel frattempo la gente può tranquillamente crepare, e i nostri governanti si fanno Mengele del nuovo nazismo, andando di esperimento in esperimento. L'ultimo esperimento è stato il bail-in. Il prossimo pare sarà il burden sharing. Cos'è? Voi, che siete informati, conoscerete meglio di me i dettagli.

Io, che sono solo un intellettuale, semplicemente, so.

Io so.

Io so che quando un governo si rivolge al suo popolo nella lingua di un altro popolo, quel governo ha tradito. La fiducia e i sacrifici di intere generazioni sono state tradite da una classe politica apertamente collusa con interessi estranei a quelli dei nostri concittadini, indipendentemente da colore politico e ceto sociale.

Mi sembra anche stupido insistere sui dettagli tecnici che a voi piacciono tanto. Accomodatevi presso la voce del padrone, se volete abbeverarvene: questo è il sito dove trovate il testo della BRRD. Io non entrerò in tanti dettagli, e chiuderò su un'osservazione semplice. Da millenni la moneta è attributo del sovrano: sulle antiche monete troviamo le effigi dei monarchi. Finché il sovrano è stato espressione diretta e esplicita dei potentati economici (sotto la simpatia formula della "grazia di Dio"), tutto è filato liscio. Poi sovrano è diventato il popolo, e improvvisamente quello che era dato per pacifico, cioè l'esercizio della sovranità monetaria, è stato demonizzato, dalla destra come dalla sinistra, finché non si è riusciti ad estirparlo dal perimetro del controllo democratico degli elettori, per riporlo "al riparo del processo elettorale". Così, i potentati economici hanno ripreso il sopravvento, e le decisioni di un popolo, che siano il referendum contro l'austerità in Grecia, o la scelta di utilizzare il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi per salvare le quattro banche in Italia, sono soggette al loro sindacato, al loro ricatto.

Credo non ci sia altro da aggiungere. Queste parole per voi sono superflue, perché sapete benissimo di cosa sto parlando, e per gli altri sono inutili, perché non lo vogliono sapere. Finché un politico non vi parlerà di abolire il dogma dell'indipendenza della Banca centrale dal governo, cioè quello strano principio per cui Draghi può dire a noi cosa dobbiamo fare, ma noi non possiamo dirgli nulla se non riesce a fare quello che deve fare (tenere l'inflazione al 2%), potete fare anche a meno di ascoltarlo.

Lo snodo centrale per il ripristino di un barlume di democrazia è questo, e la vicenda del Monte dei Paschi (che è appena all'inizio) ce ne darà infinite conferme.

Sono stanco di scrivere QED, ma questo sporco lavoro, purtroppo, uno solo può farlo...


(...bè, questa è esagerata: sapete che siamo in tre, e sapete che gli altri due sono, in ordine alfabetico, Claudio e Vladimiro. Un liberista, un keynesiano e un marxista si incontrano... comincia come una barzelletta, ma purtroppo non lo è!...)

(...sì, l'ho detto: alla fine usciremo dall'euro e nazionalizzeremo le banche. Se sono dello stato le banche tedesche, perché le nostre non possono esserlo? Vedrete, un giorno se ne ccorgerà anche Giavazzi...)

domenica 18 dicembre 2016

QED71: il cazziatone

"E non solo con tutto quello che hai da fare fai un post, ma ne fai anche due, e il secondo nemmeno si legge, che è scritto tutto con le chioccioline!"




(...ma io la amo come quando la vidi alcune decine di anni fa, seduta fra i soprani, con la sua treccia. Ovviamente questa nota biografica mi varrà un altro cazziatone, e non per le decine di anni, che su di lei scivolano, ma perché la storia la scrivono i vincitori, cioè lei. Altro che fakenews e psicopolizia! Comunque, qualora questo potesse essere di aiuto agli eventuali giovini in ascolto, la cosa andò così. Io dovevo prendere il numero di telefono di un collega - uno al quale in effetti non sono degno di legare i calzari, e dal quale di tanto in tanto vado a farmi tagliandare, ma non aprirei troppe parentesi - lei passava di lì, e le chiesi una penna. Nel restituirgliela, con quella faccia di tolla che mi conoscete, ma che non sapevo di avere, le dissi: "Bene, e visto che ci siamo, prenditi anche il mio, di numero". Non so dirvi se mi chiamò lei, non credo proprio, era una brava ragazza, cioè: è una brava ragazza, vabbè, d'accordo, torno a lavorare: alla fine ha ragione lei, meglio non perdere tempo coi post, che poi questo più mi allungo e più diventa un campo minato...)

(...novità: er Palla cura l'aspetto esteriore. Et nunc dimittis...)

(...ne ho fatti tre, per dispetto...)

sabato 17 dicembre 2016

@ v@zz@ d@ll@ s@n@str@

P@r @n@ c@m@ m@, ch@ @b@rr@ @ m@n@@r@sm@, @ss@r@ d@ s@n@str@ @ @n@ m@ss@@n@ imp@ss@b@l@. S@r@ c@p@t@t@ @nch@ @ v@@ d@ r@c@v@r@ d@ q@@lch@ p@l@t@c@ @ @nt@ll@tt@@l@ d@ s@n@str@ @n@ l@tt@r@ ch@ @n@z@@v@ c@n: "Car@"?

@cc@: s@ m@@ n@n f@ss@ s@ff@c@@nt@m@nt@ ch@@r@ p@r @ltr@ m@t@v@, q@@st@ v@zz@ d@ll@ s@n@str@ b@st@r@bb@ @ f@r c@p@r@ n@n s@l@ p@rch@ p@rd@r@, m@ @nch@ @ s@pr@tt@tt@ p@rch@ s@ l@ m@r@t@...


venerdì 16 dicembre 2016

Occupazione e disoccupazione

Ora Rockapasso vede questo post, si munisce di mattarello e mi randella. Me lo merito. Lei sa quanto ho da fare, e quindi mi dirà: "Ma cosa perdi tempo sul blog, che devi scrivere tre paper contemporaneamente, e referarne altri cinque? Dopo stressi me e questi due innocenti..."

Sì, ma d'altra parte quella dell'insegnamento non è una vocazione, è una maledizione...

Quindi, molto rapidamente, vi faccio vedere una cosetta ovvia, che molti di voi sanno, e che mi è tornata in mente lavorando a uno dei summenzionati paper. Il tasso di disoccupazione è il rapporto fra persone in cerca di occupazione (disoccupati) e forze di lavoro. Le forze di lavoro sono la somma di occupati e disoccupati. La popolazione attiva è la somma di forze di lavoro e "non forze di lavoro". Il tasso di occupazione è il rapporto fra occupati e popolazione attiva.

Succede quindi (salvo errore in quanto ho scritto, che non ho tempo di rileggere) che:


In A gli occupati sono 95, mentre in B e C sono 93. Dato che la popolazione in età attiva è di 150 e tale resta, il tasso di occupazione scende da 63% a 62%. Questo per il tasso di occupazione.

Col tasso di disoccupazione sono possibili invece dei simpatici diversivi. Ad esempio, fra A e B il tasso di disoccupazione aumenta da 5% a 7%, perché i due occupati in meno diventano due disoccupati in più (i disoccupati passano da 5 a 7). Fra A e C invece la disoccupazione resta al 5%, perché i due occupati in meno si scoraggiano, non sono più "in cerca di occupazione", e quindi non vengono contati fra i disoccupati (che restano quindi 5). Semplicemente, transitano dalla forza di lavoro (che diminuisce da 100 a 98) alla non forza di lavoro (che aumenta da 50 a 52).

Nel lungo periodo saremo tutti morti, e scompariremo dall'anagrafe.

Nel medio saremo tutti scoraggiati, e scompariremo dall'indagine sulle forze di lavoro.

Spero di aver chiarito a chi ancora non lo avesse capito su cosa si basano i miracoli del ministro Poletti, e auguro a tutti di resistere: continuate a cercare, non fosse altro che per mandargli di traverso le loro statistiche...

martedì 13 dicembre 2016

Eugenetica pensionista

Roberto ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Cinquantaquattro":

L'obiettivo era chiaro. Adesso diventa esplicito:

Tagliamo le pensioni più alte così schiattate mediamente prima e lo Stato risparmia

"Chi percepisce pensioni più alte ha un tasso di mortalità più basso della media nazionale e questo ci dice che interventi perequativi sugli assegni in essere avrebbero un impatto sul sistema pensionistico ancora più forte, diventando una forma di risparmio importante". Lo ha detto il presidente dell'INPS, Tito Boeri aprendo il convegno dell'Ordine degli attuari.



A seguire, i grafici dell'indicatore di sostenibilità del debito lungo a lungo termine (cioè comprensivo delle passività implicite determinate dal sistema pensionistico), tratto da edizioni successive del Fiscal Sustainability Report della Commissione Europea:


Edizione 2012



Edizione 2013



Edizione 2015


La metodologia di calcolo di questo indicatore è dettagliata, se interessa, nelle fonti citate (perché noi citiamo le fonti, a differenza dei merdia), ma il senso è abbastanza evidente dalle indicazioni riportate sugli assi. I paesi più a sinistra hanno una posizione fiscale iniziale più favorevole, e quelli più in basso migliori proiezioni demografiche a lungo termine. L'Italia è sempre a sinistra e in basso, in particolare sotto la soglia trasversale che separa chi non ha problemi di sostenibilità a lungo termine (praticamente, solo noi e l'Ungheria) da chi ne ha (praticamente tutti gli altri, Germania inclusa). E voi vi chiederete: ma come fa l'Italia ad avere una posizione fiscale favorevole? E io vi risponderò: ma forse perché ha da sempre un ingente avanzo primario che non si è particolarmente ridotto nemmeno durante la recessione!

Che ne dite?

Somiglia alla canzoncina che vi cantano unanimi tutti i nostri merdia?

A me pare di no. A sentire loro, i merdia, noi abbiamo un debito insostenibile, e soprattutto invecchiamo troppo, sicché, siccome nessuno ci paga i contributi, dobbiamo importare risorse, non per abbassare i salari, ma per alzare le pensioni. Rinuncio a fare esempi: tutti vi dicono la stessa cosa da sempre: che dovete fare sacrifici, perché avete vissuto al di sopra dei vostri mezzi, perché avete (o avrete, o avreste avuto) pensioni troppo generose, perché fate (o avete fatto, o farete) pochi figli, ecc.

Apro e chiudo una parentesi per pormi una domanda che ha risposta: esiste un singolo cazzo di motivo al mondo per il quale noi dovremmo sovvenzionare con soldi pubblici una manica di cialtroni che ci mentono tutti nello stesso modo? Secondo me no. I finanziamenti pubblici all'editoria avevano un senso quando esistevano i giornali di partito: voci che non avrebbero avuto mercato, ma che esprimevano, per forza di cose, posizioni ideologiche diversificate. In quel caso il finanziamento pubblico effettivamente garantiva il pluralismo. Oggi non ci sono più i partiti, non ci sono più i giornali di partito, non ci sono più le ideologie, perché ce n'è una sola: quella al soldo del grande capitale finanziario. E dobbiamo essere noi a sovvenzionare la sua voce? Secondo me no. Quindi, visto che occorre risparmiare, la prima cosa che un governo oculato dovrebbe fare (and believe me, it will) sarà sopprimere qualsiasi forma di elemosina ai merdia. Perché se da un lato abbiamo la Commissione Europea che autorevolmente certifica la sostenibilità a lungo termine del nostro debito per quattro anni di fila, e dall'altra abbiamo il coro unanime, senza una singola voce dissonante, dei merdia che ci esortano a sacrifici in nome del dissesto delle nostre finanze, bè, allora forse qualche misura bisognerà pur prenderla! Intanto, se i merdia devono rappresentare un'unica opinione, preferisco sia la mia, e non quella di chi mi sta fottendo. Magari i rapporti di forza non mi permetteranno mai di realizzare questo legittimo programma: accetto la possibilità di essere sconfitto, ma non quella di farmi prendere in giro. E poi, chi sa... Dio è morto, Marx è morto, ma Fukuyama non sta troppo bene, anzi, credo non sia mai stato troppo bene, almeno con la testa... Parentesi chiusa.

Bene, torniamo al punto.

A quanto pare, noi di risparmi "importanti" non abbiamo bisogno, secondo la Commissione e secondo un'analisi descrittiva dei principali indicatori di sostenibilità. Ma allora perché Boeri ci tiene così tanto a realizzarli, questi risparmi "importanti", al punto di esprimerne l'insopprimibile esigenza in un modo oggettivamente infelice, che sembra alludere alla necessità di sottrarre risorse a chi ne ha abbastanza per campare, in modo da porre fine ai suoi giorni, e al peso di essi sull'erario?

Siamo quasi certi che l'intenzione di Boeri non era questa, e assolutamente certi che lui negherebbe che mai lo sia stata. D'altra parte, se uno "istrutto" come lui (che, non dimentichiamolo, era pur sempre quello che confondeva la sovranità monetaria con l'emissione di miniassegni) sente il bisogno di ricordarci una verità così banale, come quella in condizioni migliori si vive più a lungo, certo che un po' di puzza di bruciato la si sente...

Ma sarebbe un errore: è solo che il prestigioso accademico, fiore all'occhiello delle nostre élite, ha voluto condividere con noi il suo ultimo lavoro, realizzato con una coautrice di assoluto spicco, del quale qui vi fornisco il risultato principale:


Eh già! Pare proprio che, considerando 209 paesi fra quelli elencati nei World Development Indicators per i quali entrambi i dati sono disponibili, fra reddito medo pro capite e speranza di vita alla nascita ci sia una certa correlazione. I soldi non danno la felicità, forse, ma certamente danno più tempo per godersi la propria infelicità.

Ora, considerando che secondo la Commissione Europea noi, anche senza bisogno di "tagliare" soldi (e anni di vita) ai pensionati avremmo già un sistema pensionistico sostenibile, tutti questi tagli a cosa serviranno mai? Avranno forse qualcosa a che vedere con quei quattro o cinque miliardi che servono al Monte dei Paschi di Siena, o con quegli altri tredici o quindici che servono a Unicredit, e che a quanto pare adesso, dopo aver preso un paio di batoste elettorali, l'Unione Europea è così generosa da accordarci di provvedere con fondi pubblici (mentre prima della Brexit e del no al referendum i nostri risparmiatori potevano tranquillamente impiccarsi)?

Ah, saperlo, saperlo...

Certo che, se uno è così ansioso di trovare soldi che secondo una fonte tanto autorevole già ci sono, ovviamente non sarà per destinarli allo scopo per il quale essi sono appunto già sufficienti (la copertura delle pensioni), ma necessariamente ad altri scopi.

Quali?

Lo scopriremo solo vivendo... se ce lo consentiranno.

lunedì 12 dicembre 2016

Cinquantaquattro

Caro Alberto,

queste poche righe per il motivo che ho sempre condiviso con te un principio di cui non abbiamo mai parlato,cui ti ho visto accennare alcune volte in questi anni:il fatto che avremo il tempo di riposare,quando saremo morti.
Precedendoti di pochi mesi nei cinquantaquattro posso darti il risultato della mia avanscoperta:NON È VERO.
Mi dispiace.È necessario riposarsi prima.Io stesso sono stato costretto da circostanze familiari a viaggiare costantemente al 120% del carico consentito,senza mai dubitare di farla franca,senza chiedermi come.

Pago con una malattia improvvisa e asintomatica di cui non conoscevo neppure l'esistenza,prolasso con successivo distacco della valvola mitrale.Rispetto ad altre patologie cardiache questa presenta dei pro e dei contro.La maggior parte dei pro risiede nel fatto che non viene intaccata la funzionalità del muscolo,in pratica torni come prima,con pochissime limitazioni.
Il contro invece è rappresentato dal fatto che facilmente se ne muore,per soffocamento,mancando il necessario ricambio di ossigeno nel sangue.

Per questione di sopportazione,preparazione fisica,culo,mi colloco come vedi nel numero dei sopravviventi,nonostante il mancato ricovero all'ospedale di Pastrufazio (Km 50) in favore di quello di Terepattola (Km 95+15 extra dati dal fatto che il ponte continua ovviamente a rimanere chiuso).Di questo mi insegni le ragioni.Ora sono in stato di farmacia ambulante,anche se mi si promette un ritorno graduale alla normalità in un arco di tempo tra i tre mesi e un anno.Del pacchetto attuale mi rimarranno a vita l'ora e mezza di esercizio fisico quotidiano (tra camminata veloce e cyclette) che infondo non mi dispiace,ed un farmaco anticoagulante,questo si rognosissimo.Previo colloquio con un cardiologo,al quale sarà detto chiaro che lo scopo primo della mia vita non sarà garantire il funzionamento di una protesi mitralica il più a lungo possibile.

Tutto questo come immagini senza la minima intenzione di essere menagramo,anzi.Ho indicato la via.Non seguirla.Non gettare il cuore oltre l'ostacolo.Prendi il tuo tempo e rallenta.È lunga,ed abbiamo bisogno di te.
Auguri


Va bene, cambio formulazione: spero di dovermi riposare solo dopo essere morto.

Ogni tanto penso: se non avessi iniziato questo blog, forse sarei stato più attento a chi mi circondava, forse avrei un ritmo di vita diverso. La risposta è: no. Questa è la mia natura. Probabilmente mi piacerebbe ancora suonare, ma non è nemmeno detto: diventando una professione, ha smesso di essere un piacere (anche se ora che non ho tempo per studiare è decisamente diventata una sofferenza: e chi mi ha scritto lo sa molto bene. Va anche detto che mi sono goduto molto la prima prova del prossimo disco...). Per il resto mi ciberei di stress, come facevo quando ero consulente, come ho sempre fatto. Ho sempre risposto alla fretta accelerando, alla fatica lavorando, alla stanchezza vegliando.

Non dico che sia sano: è così.

La morale della favola è che noi, come singoli, forse ogni tanto abbiamo bisogno di un vincolo esterno.

Come paese no.


(...ora spedisco il referaggio che il collega brasiliano aspetta da quattro mesi, poi controllo i 1183 messaggi che giacevano non letti da giugno in una mia casella di posta - quella che do a chi me la chiede, e dove quindi finisce la monnezza: perché chi è dotato di pollice opponibile e non è ortottero mi googla e mi trova - e poi provo a dormire, che domani vado a Pescara per l'ultima settimana di lezioni... Poi mi riposo, forse...)

Addendum: caro G., è bene che tu sappia che tu per me sei come un padre: non solo perché sei l'unico seguace che ha avuto il coraggio di venire a un mio concerto e dirmi che avevo suonato demmerda (ed era vero), ma anche perché questa cosa del prolasso della mitrale mi suona molto familiare. La prima volta che andai a Zurigo, città dove poi avrei trovato altro da fare, fu nel 1974, accompagnando mio padre, che a spanna avrà avuto 38 anni, a farsi appunto sostituire quell'importante e misconosciuto mattoncino del carcere della nostra anima immortale. Quarantadue (42) anni dopo è ancora lì (almeno, l'ultima volta che mi ha cercato era questa mattina. A mio fratello dice: "Alberto chi?"...). Quindi, come dire: a me hanno augurato 1936.27 di questi giorni... A te so di poterne augurare almeno 42, che sommati a 54 fanno abbastanza per vedere l'euro scomparire e riapparire un paio di volte. Nel frattempo, ce ne andremo ai Bagni S. Filippo a rilassarci. A scanso di equivoci, aggiungo a beneficio degli altri seguaci e seguacie che per potermi dire che ho suonato demmerda bisogna suonare meno demmerda de me. Più passa il tempo, e meno ci vuole. In questo caso il tempo gioca a mio sfavore. In ogni caso, any one can play accurately, but I play with a wonderful expression.

domenica 11 dicembre 2016

Il caffè

Che poi le cose sono semplici. Il caffè in Italia non cresce. Quindi bisogna importarlo. Quindi per chi lo tratta disporre di un cambio sopravvalutato è un vantaggio, anche se dovessero crepare tutti i suoi compatrioti ai quali invece farebbe comodo accedere ai mercati esteri per vendere, anziché per comprare. Per lenire eventuali, improbabili, disagi interiori, basta considerarsi un essere superiore. E gli altri si fottano. Come ebbi a dire su Twitter, la differenza fra un cambio fisso e una guerra civile non salta all'occhio, perché non c'è. Basterebbe allora capire che in una guerra civile perdono tutti, perché perde, letteralmente, la civiltà, per giungere alla conclusione che sarebbe meglio venirsi incontro. Invece, purtroppo, a questa semplice conclusione di buon senso temo non giungeremo senza un altro, ennesimo giro sotto un regime apertamente fascista.

(...sì, sto parlando di soppressione delle libertà costituzionali, ecc., che poi, se ci fate caso, sono quelle cose delle quali nella cosiddetta Europa ormai si parla senza freni inibitori, col rischio che la Commissione finisca come il nostro ducetto di Rignano, che si era fatto una legge Acerbo a sua immagine e somiglianza, e ora non vuole usarla per paura di restare tagliato fuori: date, date pure alla Le Pen gli strumenti legali per criminalizzare il dissenso: non basterà una piscina olimpica di popcorn per assistere allo spettacolo delle vostre facce, dopo...).

Di tutta questa inutile sofferenza ringrazieremo, come sono sicuro che storicamente si saranno sempre dovuti ringraziare, gli intellettuali "progressisti", blindati nella loro assoluta certezza di fare il bene del popolino difendendo grettamente i propri interessi.

Amen.

(...dai, è domenica, e per essere una predica alla fine è anche relativamente corta...)

(...p.s.: la "cessione" di sovranità, cara a quello che ormai sembra diventerà il nostro premier, è in re ipsa una soppressione di libertà costituzionali, per il semplice fatto che limita la libera espressione della volontà popolare democraticamente determinata, e infatti la Costituzione non parla di cedere la sovranità - cioè di conculcare il popolo - ma di limitarne l'esercizio per fini superiori e in condizioni di parità con altri Stati. Quando un altro stato, o comunque un potere esterno, può decidere quali dei tuoi risparmiatori vedranno tutelato il loro diritto costituzionalmente garantito al risparmio, mi sembra evidente che un problemino ci sia, e molti altri se ne potrebbero evidenziare. Ma vi ho promesso una predica corta, quella lunga la fa il fariseo...)

sabato 10 dicembre 2016

I perché del no (in dissenso da Illy)

Mentre gli intellettuali organici si leccano le ferite, rilasciando dichiarazioni francamente inquietanti, da cui trapela, con un misto di ingenuità e protervia che lascia sbalorditi, la ferma volontà di servirsi della categoria dell'odio per criminalizzare il dissenso politico (fenomeno particolarmente appariscente in chi è stato così poco lungimirante da saltare sul carro del vincitore un attimo prima dello schianto), a/simmetrie continua a lavorare. Chi si fosse messo in ascolto in questo momento, e magari gradisse la trasmissione, è esortato a ragionare su quel "la libertà non è gratis" scritto in rosso qua sopra, magari dopo aver notato che le poche voci autorevoli realmente critiche nel dibattito italiano collaborano a questo progetto.

Conversando ieri sera con Vladimiro Giacché, dall'A24, lui attirava la mia attenzione su un dato il cui significato sembra essere sfuggito ai commentatori: il "sì" ha prevalso fra gli elettori oltre i 55 anni, come documenta il Corriere. Documenta, ovviamente, è una parola grossa. Purtroppo, e sottolineo purtroppo, il più autorevole quotidiano nazionale ci ha dato soddisfazioni anche con i dati misurabili. In questo caso, però, più che la fonte (ideologicamente schierata, il che è lecito, come è lecito esercitare diritto di critica), suscita qualche perplessità la natura stessa del dato. Visto che il voto è segreto, viene un po' da sorridere al constatare la pretesa di quegli stessi sondaggisti che ultimamente toppano tutti i pronostici di descriverci ex post la natura dei risultati: quanti giovani, quanti vecchi, quanto uomini, quante donne, quanti colti, quanti incolti, e via divinando.

Tuttavia:

1) in questo caso i sondaggiai ci avevano tutto sommato preso: il no lo davano vincente tutti, anche se nessuno si aspettava una percentuale simile (proprio nessuno no...);

2) il dato sulla maggiore propensione al sì degli anziani risulta da più di una indagine. Ad esempio, SWG segnala che la percentuale di no decresce monotonamente con le classi di età, dal 71% dei 18-24, al 55% degli oltre 64.

Il post precedente spiega le ragioni del "no" con una variabile che presenta una buona capacità esplicativa: la disoccupazione giovanile. Questa variabile, però, è riferita appunto alla condizione dei nostri amati giovini. Ora, la domanda è: se il voto è stato per difendere i Sacri Principi consacrati nella Carta Costituzionale col Sangue dei Partigiani che hanno combattuto sulle Montagne ecc., perché mai proprio chi è più anziano, cioè chi quella stagione l'ha vissuta e dovrebbe serbarne il caro ricordo che si mantiene della giovinezza, delle sue vittorie, e anche delle sue sconfitte, ha votato per stuprare questa Carta Costituzionale? Come mai chi ha (oggettivamente) meno futuro davanti ha manifestato tanta attiva volontà di incidere sulle norme che lo regoleranno?

Chiaramente c'è qualcosa che non torna. Ma forse potrebbe semplicemente non tornare il dato dei sondaggiai. Siamo allora andati a verificare come stanno le cose basandoci su dati oggettivi: la distribuzione regionale del no, la disoccupazione giovanile (come nel grafico precedente), e alcune variabili descrittive della struttura della popolazione.

Cominciamo con il replicare il grafico del post precedente, mettendo qualche numero:



I numeri ci dicono che la disoccupazione giovanile spiega il 64% della variabilità infraregionale del voto (è il coefficiente R quadro che vedete nel grafico e nel tabulato), e che un aumento di un punto della disoccupazione giovanile U1524 fa aumentare di mezzo punto la percentuale di votanti per il No (più esattamente, di 0.502492 punti). La relazione statisticamente è molto significativa, come sa chi sa cosa significa statisticamente significativo. I residui sono normali, omoschedastici, incorrelati (se interessa).

Tutto bene, ma si può fare di più. Intanto, vediamo se è vero che esiste una relazione negativa fra età e percentuale di no. A questo scopo, utilizziamo alcune statistiche che descrivono la struttura demografica regionale: la percentuale di popolazione sopra i 55 anni POP55 (per analogia con la suddivisione dei votanti utilizzata dal Corriere), quella sopra i 65 anni POP65 (che ha più senso perché legata al termine della vita lavorativa (quando va bene), l'età media regionale AGE, il tasso di dipendenza DIP, e il tasso di dipendenza degli anziani DIPA (come il precedente, ma considera solo gli anziani al numeratore). Le correlazioni in effetti sono tutte negative:


(le leggete sulla prima colonna), ma dato che il campione è esiguo (20 regioni), quelle effettivamente significative sono solo tre: con la percentuale di over 65 (-0.43), con il tasso di dipendenza degli anziani (-0.47), e con il tasso di dipendenza (-0.64) (per verificare la significatività vi consiglio questo simpatico strumentino). Per le vostre sempre opportune verifiche, qui i dati:



Quindi in effetti sembra che nel determinare la distribuzione regionale del risultato l'età abbia contato qualcosa. Ad esempio, fra percentuale di no e popolazione sopra i 65 anni di età si ottiene questa relazione negativa:


La relazione esiste, ma è relativamente debole: spiega solo il 19% della variabilità infraregionale del voto. Tuttavia, il coefficiente che lega le due variabili è statisticamente significativo al livello del 10%:


(lo vedete nella colonna "Prob.": la probabilità che il coefficiente sia statisticamente nullo è del 5.3%, molto bassa).

Si capisce anche cosa c'è che non va: il visibile outlier (cioè osservazione che "sta fuori" dalla nuvola di punti) cerchiato di rosso nel grafico, corrispondente, pensate un po', al Trentino Alto Adige: regione dove il no ha raggiunto appena il 46%, nonostante la popolazione fosse relativamente giovane (o meglio: la percentuale sopra i 65 anni relativamente bassa: 19.9%). La statistica ci permette di tenere conto di questa idiosincrasia, utilizzando quella che tecnicamente si chiama una variabile dummy, ovvero una variabile che vale uno in corrispondenza dell'anomalia statistica che si vuole isolare, e zero altrove. Se operiamo in questo modo, otteniamo questi risultati:


I risultati ci dicono, in definitiva, che il Trentino Alto Adige ha avuto una percentuale di no pari a 19.6 punti in meno rispetto a quelli previsti dalla sua struttura demografica (è il coefficiente della variabile CRUCCHI - aspetto fiducioso il flame dei cari amici sudtirolesi). Una volta tenuto conto di questa anomalia, la struttura demografica impatta in modo molto, molto significativo: il coefficiente di POP65 arriva a -1.88 ed è significativo all'1% (la probabilità che sia statisticamente nullo è pari allo 0.45%, irrisoria...).

Non ve la faccio tanto lunga. Da un rapido processo di specification search, il modello più robusto ottenuto su dati regionali mettendo insieme tutte le variabili delle quali vi ho parlato è una cosa di questo genere:

Una volta "nettato" con la variabile dummy l'impatto delle appartenenze etniche e partitiche (la variabili "PIDDINI" vale uno in Emilia Romagna, Toscana e Umbria, regioni "rosse", e zero altrove), che in media hanno abbassato do 9.36 punti la percentuale di "no", la determinante socioeconomica più rilevante è il tasso di disoccupazione giovanile, seguito dal tasso di dipendenza. Sarei curioso di vedere cosa verrebbe fuori a livello provinciale. Ovviamente, con dati più "fini" avremmo più rumore statistico, ma da qualche analisi che mi è arrivata il segnale circa l'impatto positivo della disoccupazione emerge bello chiaro:


Diciamo che a livello provinciale la disoccupazione tout court spiega il 52% della variabilità del voto (mentre a livello regionale la disoccupazione giovanile spiega il 64%). Purtroppo in questo momento a/simmetrie è senza ricercatore, e non ho nessuno da incaricare di lavori simili, che ovviamente sarebbero interessanti. Vi faccio solo un esempio: secondo voi, quale altra variabile potrebbe influenzare l'atteggiamento degli elettori verso l'Europa? La risposta è dentro di voi ed è giusta.

Intanto, però, dobbiamo tirare un senso politico da questo delirio statistico. Diciamo che a grandi linee il dato desunto dai sondaggiai pare essere supportato dall'evidenza: la struttura demografica della popolazione conta, nel senso che una maggiore percentuale di pensionati (over 65) o una maggiore dipendenza strutturale (che non è esattamente la stessa cosa) influiscono in modo negativo e statisticamente significativo sul no alla riforma.

Pare che così gli anziani fossero ansiosi di riformare, anche se un po' meno di quanto i giovani fossero ansiosi di lavorare. Torno a dire che il primo dato è strano, dato che, normalmente, con l'età sorge una certa neofobia, e anche una certa cautela, che confluiscono in un atteggiamento generalmente conservatore. Inoltre, si suppone che chi è più maturo abbia avuto più tempo (anche se non necessariamente più voglia, o più opportunità) di informarsi, anche perché è senz'altro passato, come me e come i miei coetanei, per un sistema scolastico nel quale l'educazione civica esisteva, e la Costituzione veniva studiata, o almeno rammentata, anche a scuola.

Tutti elementi che contrastano con certe analisi sinceramente un po' estemporanee, come quelle profuse a Radio 24 da Riccardo Illy, secondo cui l'Italia del "no" sarebbe quella che "si è fatta influenzare da persone che perseguono altri obiettivi di breve termine, che sarebbero quelli di vincere le elezioni", "un'Italia poco informata", insomma.

Ah, questo, naturalmente detto da uno secondo cui:

1) non ci sono stati sfracelli dopo il no perché "i mercati a termine tendono sempre a scontare in anticipo gli effetti che si prevedono", ma "purtroppo i mercati e soprattutto la borsa tende a premiare i risultati a breve termine, non quelli a medio lungo" (ravviso una certa incongruenza: e voi? I mercati anticipano il medio termine, o premiano il breve termine?).

2) la Spagna è ripartita perché "aveva fatto riforme molto importanti in precedenza e quindi è andata avanti per inerzia; anche con il governo Renzi alcune riforme importanti sono state fatte... ne cito una per tutte, quella del mercato del lavoro, che erano attese da decenni"

3) in Italia la recessione è stata devastante più che altrove perché "gli altri paesi non avevano il 130% di debito pubblico"

Vi risparmio le altre perle, ma già da queste trapela una persona molto consapevole dei propri interessi di classe più immediati (tagliare i salari e togliersi di torno i lavoratori sindacalizzati grazie alla meravigliosa riforma del jobs act), ma poco consapevole dei più elementari dati di finanza pubblica di un paese nel quale tuttavia mi risulta abbia esercitato funzioni di governo locale (la nostra non è una crisi di debito pubblico, come qui abbiamo detto fin dall'inizio, la situazione della finanza pubblica italiana non ha mai destato l'allarme delle autorità europee, il rapporto debito/Pil all'inizio della crisi era al 103% e non al 130% del Pil - dislessia? - ed è stato portato al 130% dalle politiche di Monti che Renzi - e quindi presumo Illy - ha appoggiato, come abbiamo visto tante volte e dettagliatamente qui). Una persona, infine, piuttosto all'oscuro (nella migliore delle ipotesi) di cosa ci sia dietro i pretesi miracoli altrui (lo schiacciamento delle retribuzioni e dei diritti dei lavoratori, come abbiamo ampiamente documentato qui e qui).

Naturalmente povertà non è vergogna: se uno che per lavoro deve fare altro (a quanto capisco, il renziano post litteram) mi dà dell'ignorante, io lo scuso, lo compatisco, e non compro i suoi prodotti.

Come sempre, però, prendo il buono da chi la vita mette sulla mia strada. Analisi come questa, che attribuisce il "no" a motivazioni superficiali, sono a loro volta di una tale superficialità, o, se vogliamo, di una tale cecità ideologica, da lasciarci supporre che in effetti le motivazioni del "no" non possano che essere più razionali ed avvedute, subordinatamente alle informazioni di cui gli elettori disponevano.

Sì, caro Illy: una parte degli elettori aveva effettivamente un obiettivo di breve termine, e in questo senso la sua analisi è corretta. Temo però che l'obiettivo non fosse quello che ella ravvisa (vincere le elezioni), bensì quello, meno ambizioso, di mettersi a lavorare il prima possibile. Sa, quella cosa un po' démodé dell'esistenza libera e dignitosa da realizzare con una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del proprio lavoro? Ella naturalmente non ignora da dove vengano queste parole, giusto?

Ecco: questa anticaglia, che lei voleva legittimamente spazzare via, oggi è fattualmente ostacolata dall'appartenenza all'euro, che obbliga a realizzare l'aggiustamento macroeconomico innalzando la disoccupazione, come qui è stato spiegato in tempi non sospetti (cioè prima che lo spiegassero i soloni del mainstream, i quali, peraltro, ne erano consapevoli da sempre: valga per tutti Dornbusch, da noi citato qui). Cianciate sempre di quanto sarebbe immorale la "svalutazione competitiva", voi industriali italiani (sempre più scissi dalla vera base produttiva del paese, fatta di piccole e medie imprese), e questo sarebbe strano, perché della flessibilità del cambio avete beneficiato. Ma l'apparente mistero si risolve quando si consideri che a voi sta ancora meglio la disoccupazione competitiva, il regolare la competitività schiacciando i salari di lavoratori più ricattabili perché più stremati. Certo, a voi questo meccanismo di aggiustamento sembra perfettamente naturale, non avendo voi quasi mai dovuto preoccuparvi di come garantire a voi stessi un domani, come non se ne dovette mai preoccupare il compianto Padoa Schioppa, quello che da figlio di amministratore delegato delle Generali, condannato a vivere nella bambagia, auspicava per gli altri un sano contatto con la durezza del vivere.

Poi c'è l'altra parte dell'elettorato, quel quinto della popolazione (a spanna) fatto di pensionati. Credo su di loro abbia fatto leva l'opera cialtrona e fascista di disinformazione condotta dai media. Questi da anni terrorizzano le fasce più anziane della popolazione con l'idea (non supportata né della teoria, né dall'evidenza empirica) che un'uscita dall'euro significherebbe una svalutazione catastrofica, con una impennata dell'inflazione che eroderebbe il valore reale delle loro pensioni. Il pensionato che legge il giornale, che passa il tempo di fronte alla televisione, succube di fronte alla marea di disinformazione crescente, è lo stesso che ai tanti incontri che ho fatto in giro per l'Italia mi dice "ma io non lo so usare il blog"! A differenza del giovane, quindi, non ha accesso ad altre informazioni che non siano quelle che gli ottimati vogliono che abbia. Ma esattamente come il giovane, anche il vecchio ha dato un voto razionale ed informato (anche se il suo info set era stato inquinato dal giusquiamo di un'informazione che dovrà, prima o poi, essere richiamata seriamente ai suoi stessi principi deontologici).

In sintesi, insomma, anche l'impatto della struttura demografica sulla distribuzione del voto ci chiarisce che questo non è stato (solo) un voto pro o contro la riforma costituzionale, dato per motivazioni ideali, ma è stato (soprattutto) un voto pro o contro l'euro dato per motivazioni economiche. Ha votato a favore chi temeva che il voto, causando un'uscita dall'euro, ledesse i suoi interessi economici. Ha votato contro chi sperava che il voto, causando un'uscita dall'euro, favorisse i suoi interessi economici. Certo, questa consapevolezza non può essere stata chiara e distinta in ognuno. Ma il dato sull'età è in qualche modo la prova del nove, e rivela che i merdia hanno fatto un gigantesco autogol quando hanno legato l'esito del referendum a una potenziale uscita dall'Italia. Hanno tirato dalla propria parte il 22% dei pensionati (esclusi i tanti, di cui qui si è parlato, con la spina dorsale dritta), ma hanno anche allontanato il restante 78% della popolazione, quella che ha capito che di Unione Europea si muore.

Quella che i piddini chiamano "Europa", quel delirio imperialistico scisso da qualsiasi percorso di razionalità storica e politica, quel luogo ideale che rappresenta la radicale negazione non tanto della democrazia, quanto della stessa politica, perché non può esserci polis, cioè comunità, senza logos, e che infatti ci propone di sostituire alla politica la "governabilità", la governance, intesa come aderenza passiva a un insieme di regole spacciate per ottimali, nonostante siano producendo disastri ovunque (tranne che dove ci si può permettere di non applicarle), regole che esprimono rapporti di forza sui quali le nostre élite non hanno voluto incidere (perché volevano servirsene per schiacciare i sottoposti, cioè noi) e ora non possono più incidere (perché aderendo ad esse hanno indebolito il paese, cioè loro stessi), la famigerata governance, che è l'idea che il paese sia come un treno che viaggia sui binari, e dove il macchinista deve semplicemente regolare la velocità, cioè l'inflazione: ecco: questo delirio fascista è mortifero perché è menzogna, a tutti i livelli.

Ai pensionati che hanno votato "sì" perché preoccupati del legame fra svalutazione e inflazione io non dirò altezzosamente che sono disinformati, come un padrone qualsiasi. Darò loro umilmente, con dedizione, con impegno, con sforzo, un'informazione, quella che ho diffuso nell'ultima newsletter dell'associazione a/simmetrie, ovvero questa:


La vedete? Questa è la relazione fra svalutazione (variazione del prezzo del dollaro in sterline) e inflazione nel Regno Unito. Sì, con la Brexit c'è stato un rapido riallineamento del cambio, una svalutazione di circa l'8% (il primo picco della linea verde scuro), nel mese di luglio. Ma l'inflazione è addirittura calata, nonostante Carney abbia fatto una politica monetaria inutilmente espansiva per intestarsi il merito dei benefici economici che il Regno Unito stava traendo dall'aver abbandonato un cambio che le stime del Fondo Monetario Internazionale indicavano come chiaramente sopravvalutato:



(le fonti sono questa per il tasso di cambio, questa per i prezzi al consumo nel Regno Unito, questa per la sopravvalutazione della sterlina pre-Brexit).

Sì, cari amici pensionati, disinformati da media criminali, perché responsabili della più atroce delle guerre civili, quella dei vecchi contro i giovani: potete credere ai vostri occhi! Una svalutazione dell'8% ha portato con sé un'inflazione di quanto? Ve lo dico io: dello 0%.

Non credete ai giornali!

Come potete pensare che organi di informazione in mano a una classe imprenditoriale giustamente sensibile ai propri interessi vi forniscano informazioni utili a tutelare i vostri? Potete pensare che un Illy, o un Boccia, vogliano il vostro bene? No: giustamente essi vorranno il loro, che non coincide, né mai coinciderà, col vostro, perché ora che il paese è spolpato l'unico modo che queste persone hanno di estrarne valore è spremere ancor più le retribuzioni, o spostare all'estero la creazione di valore. In questo modo, cari amici pensionati, la vostra pensione diminuirà per forza: non si può distribuire il reddito che non viene creato. Ora, le cose stanno così: è il lavoro che crea valore, ma l'unico modo di tutelare la stabilità dei prezzi è far aumentare i disoccupati, cioè distruggere valore. Non è per cattiveria che la Fornero vi ha fatto il bello scherzo che sapete, e non è perché le finanza pubbliche fossero in pericolo (questa è una enorme balla): è perché nel mondo della disoccupazione competitiva bisogna tagliare i redditi per favorire l'aggiustamento di competitività, e quindi, tautologicamente, diminuiscono i redditi da redistribuire per garantire un'esistenza dignitosa a chi in vita sua di valore ne ha prodotto, come voi, amici pensionati, che avete contribuito a fare grande questo paese.

Votando sì, cari amici, avete votato contro i vostri figli (per fortuna perdendo), e lo avete fatto non per cattiveria, ma per mancanza di informazioni, di dati, come quelli che vi ho fornito, e che nessuno dei grandi media in Italia vi fornisce. I vostri figli possono accedere ai pochi baluardi di informazione libera e indipendente, come questo blog: mi dispiace aver spiegato loro come stanno le cose, perché il triste esito dell'aver adempiuto alla mia missione di intellettuale rischia di essere che i vostri figli vi chiudano gli occhi non con una lacrima, ma con una maledizione. Questo, naturalmente, a meno che tutti, vecchi e giovani, non ci attrezziamo per contrastare efficacemente la marea montante della disinformazione e del delirio fascista che vuole delegittimare a tutti i livelli e in tutte le sedi la libera espressione del voto.

Oggi compio 54 anni.

Non avrei mai pensato di essere chiamato un giorno a rivolgermi ai miei concittadini, a mostrar loro i dati della crisi, a svolgere, inizialmente in completa solitudine, in questo paese, l'unica operazione veramente politica: coinvolgere la mia polis in un processo di graduale consapevolezza del meccanismo che ci sta schiacciando, un processo nel quale ho insegnato molto, ma ho anche molto appreso, al quale ho sacrificato molto, ma che mi ha anche dato molto, e quotidianamente mi dà, in termini di soddisfazioni umane inaspettate e incommensurabili. Le vostre parole di incoraggiamento e gratitudine sono il coronamento di cinque anni di lavoro che non avrei mai pensato di poter sostenere e che ho sopportato solo grazie alla vostra presenza.

All'orizzonte si profila la troika, come qui avevamo ampiamente previsto dodici mesi or sono. Saranno momenti molto duri: dopo le nostre libertà economiche, verrà conculcata anche la nostra libertà di espressione, la nostra possibilità di dissentire dal disegno criminale delle nostre élite cialtrone e bancarottiere. Vi chiedo un ulteriore sforzo: sostenete a/simmetrie, unico laboratorio coerente e strutturato di elaborazione di un pensiero critico scientificamente rigoroso, accuratamente documentato e comunicativamente efficace. Abbiamo bisogno di incidere sulla realtà finché abbiamo ancora (per poco) la possibilità concreta di farlo, attraverso i social media. C'è molto da fare in questa direzione (e ve ne parlerò), ma le risorse di cui disponiamo non ce lo consentono (e ve ne parlerò).

Vi chiedo anche di prendere in considerazione l'opportunità di aderire ad a/simmetrie, i cui scopi sociali sono descritti dallo statuto. Ci aspettano anni duri. Forse è il momento di conoscerci meglio, di contare quanti siamo, di promuovere con più efficacia presso i nostri compatrioti il tanto lavoro che abbiamo fatto e che non deve andare disperso.


Concludo però con una nota di ottimismo. Al di là delle analisi dei sociologi da bar, gli italiani hanno dimostrato di votare col portafoglio, razionalmente, subordinatamente alle informazioni in loro possesso, spesso di pessima qualità. Questo conferma la validità del messaggio che fin dall'inizio vi ho dato: l'unico, decisivo atto politico da compiere è portare corretta informazione. Il resto segue. I tanti "qualcosisti" che hanno disperso forze in improbabili esperimenti "politici" invece di concentrarsi nella diffusione dei messaggi corretti hanno la mia compassione, ma non sono miei alleati: sono miei nemici. Questo va chiarito, come va anche chiarito che se il nemico si arrende, è possibile stilare un trattato di pace e andare avanti.

Qui stiamo facendo la cosa giusta: voi la state facendo.

Vi chiedo solo di non arrendervi.